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Testimoni della memoria

di Grazia Dormiente

Il paesaggio Ibleo è pietra di dorato calcare, forte e tenero compatto e poroso, ora inciso profondamente nelle "cave" degli insediamenti rupestri, ora strappato con fatica alla terra ed utilizzato per "scrivere" lungo valli ed altipiani, con muri, bagli, cisterne, aie, case, ballatoi, chiese e palazzi, la vita e la storia.

Insieme con la pietra grigioazzurra dei muri a secco in secolare processione nelle contese recinzioni di "vignali" o "chiuse" e con quella ornata di fregi e blasoni delle ville signorili o aspra e logora delle masserie cerealicole ed allevatrici, le persistenze arboree ed arbustive della macchia mediterranea concorrono a definire i bisogni insediativi e le pratiche materiali e produttive delle comunità iblee.

La pietra e gli alberi, soprattutto i sempreverdi carrubi, gli argentei ulivi, le tenere viti ed i solitari palmizi ripetono, in vasti orizzonti, un gioco di forme che restituiscono un’immagine di eccezionale unità culturale ed ambientale.

Il protagonismo della campagna iblea è custodito dalle sue "pietre vissute", voce sia pure ripetitiva di generazionali destini consumati nelle alterne stagioni della storia, come narrano le tracce di possedimenti gattopardescamente frantumati o le dimore rurali di piccoli e medi proprietari legati fortemente alla loro terra o ancora gli elementari ripari destinati alle fatiche di schiere di precari e pendolari ante litteram.

Anche la costa iblea, compresa tra il torrente Dirillo ed il canale del Pantano Longarini, riserva continua affinità di luce e di colore, di sangue e di pietra. Rugosi scogli, coperti di ciuffi di palme nane e di filari di agave, vegliano su vasti e fuggenti arenili, cospirando a tessere le maglie del mito e della storia, ancorata ai residui segni delle borgate rivierasche, nonostante le recenti offese del "ciclone cementizio" ad opera dell’uomo vacanziero. Da porto Ulisse a Kamarina, da Pozzallo a Marina di Ragusa ed a Scoglitti si snoda il lungo percorso delle vicende marinare, che gli stessi toponimi, unitamente ad altre fonti, concorrono ad illustrare.

Né solo il mare e la campagna compongono le sorprendenti peculiarità paesistiche e culturali dell’area iblea. Anche i centri urbani, testimoni del leggendario prestigio dei Conti Modica, esibiscono le particolarità costruttive ed architettoniche di questa area, ridisegnata dopo il "terribile" evento sismico del 1693, definita dalle "perimetrazioni storiche" con l’Unità d’Italia e riorganizzata con l’istituzione della provincia di Ragusa nel 1927.

Gli attuali comuni iblei presentano, perciò, una coerenza di "tratti culturali" che rinviano a tradizioni sedimentatesi nel secolare processo di conservazione/ trasformazione. Al paesaggio geografico, infatti , si sovrappone quello "tessuto su una fitta rete di rapporti invisibili e visibili stabiliti tra l’uomo ed il suo ambiente".

Si configura perciò un’eredità di segni,, capaci di tradurre il "sistema di valori" elaborato dalle classi popolari in momenti storici diversi per fondare rapporti di identità sociale.

Accanto alle emergenze del paesaggio, dove s’intrecciano il quotidiano e lo straordinario vissuti dalla collettività , altre fonti spingono al recupero dell’identità delle comunità iblee e del loro rapporto con le risorse territoriali, visibilmente compromesso dallo smarrimento dei valori ambientali.




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Introduzione

Testimoni
della memoria

La masseria

Il terremoto
del 1693

 

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