Itinerario di Ragusa
   
    Il nostro giro inizia dal cuore di Ragusa, dalla grande piazza progettata dagli architetti "La Padula e Fichera", inaugurata nel 1937, che all’epoca era denominata piazza Impero.
Da questa piazza ora chiamata
Libertà, ci si immette nel nostro itinerario. Essa è collegata alla via Roma, l’ex salotto cittadino e uno degli odierni centri commerciali della città, tramite uno dei tre ponti che dominano la vallata di Santa Domenica, popolarmente soprannominato ponte Nuovo, che nel punto di massima altezza, misura circa 40 metri. Girando a sinistra si imbocca la via Natalelli, dal cui marciapiede si può godere la vista della vallata, scavata in grotte nelle parti laterali, a causa delle estrazioni di calcare tenero che vennero fatte tra il Settecento e l’Ottocento. Con la "pietra morta" ricavata da questa valle fu costruito il centro di Ragusa ed il ponte antico.

  Finalmente incontriamo il Museo archeologico nazionale inaugurato alla fine del 1960, che raccoglie i reperti degli scavi effettuati principalmente dal noto archeologo Paolo Orsi. La struttura si compone di 5 sezioni. Nella prima sono esposti i reperti del periodo preistorico, dei materiali dell’età del Bronzo, fra cui le selci estratte dai monti iblei, in base ad una delle attività più diffuse nell’antichità. Nella seconda, sono contenuti i reperti della zona archeologica di Kamarina, come nella quinta dove sono stati ricostruiti due mosaici di epoca romana. Negli altri locali si possono ammirare, tra l’altro, la fornace per la ceramica del villaggio Scornavacche, le ceramiche, le ricostruzioni delle tombe ed i corredi funerari.

  Usciti dal museo, dopo venti metri svoltando sulla sinistra, si possono salire tre piccole rampe di scala e ritrovarsi di nuovo nella via Roma sino al punto in cui incrocia perpendicolarmente corso Italia. Sulla destra si erge la cattedrale di San Giovanni, che è il patrono della città. E’ il capolavoro dell’arte barocca, costruita dopo il terremoto agli inizi del XVIII secolo, nell’arco di 50 anni, sotto la guida dei muratori capomastri Rosario Boscarino e Mario Spata. Ancora oggi rimane ignota infatti l’identità del progettista. Essa fu una delle prime opere erette nella Ragusa Nuova, che fu riconosciuta chiesa madre nel 1895 e cattedrale nel 1950. Secondo una leggenda l’elegante campanile quadrangolare cresce di un millimetro l’anno, mentre per uno dei sette "segreti" di Ibla, e per la legge della compensazione, il campanile della chiesa Immacolata, decresce di un millimetro l’anno. La facciata, divisa in due ordini, si poggia su tre portali e comprende sei robuste colonne decorate con capitelli corinzi. Il portone centrale riporta le statue di San Giovanni Evangelista e San Giovanni Battista. Al centro delle due venne posta quella dell’Immacolata, piuttosto che la statua del patrono San Giovanni Battista, per onorare la memoria dell’antica chiesetta di campagna che sorgeva in questo punto. Entrando nella chiesa si respira l’atmosfera suggestiva della luce filtrata dai vetri della cupola. Guardando verso l’alto, risaltano subito gli affreschi sui pennacchi della cupola che è sostenuta da otto pilastrini. L’opera del ragusano Salvatore Cascone ritrae i quattro evangelisti. Due grandi angeli di bronzo reggono gli immensi lampadari. Nell’interno a croce latina divisa in tre navate l’occhio si perde fra le colonne, le volte, le arcate, e le numerose cappelle dove sono custodite delle opere d’arte. In fondo alla navata centrale spicca il prospetto monumentale delle canne maestose dell’organo Serassi Tamburini, di eccellente fattura artigianale che regala da centinaia di anni suoni caldi e pastosi. Nella navata di destra la prima cappella detta del Battistero, presenta gli affreschi del Cascone sulle scene dell’Antico e del Nuovo Testamento. Ha un alto valore artistico la fonte battesimale del grande scultore ibleo della scuola contemporanea Carmelo Cappello, recentemente scomparso.

  Di fronte ai giardini della Cattedrale, la chiesa del Collegio di Maria Addolorata, dalla facciata neoclassica e con le sue reminiscenze barocche, compone un quadro in perfetta armonia.
Scendendo invece le scale e immettendosi nella via Mariannina Coffa, sulla destra della piazza, si raggiunge il
Ponte Vecchio, isola pedonale di recente restauro. Il ponte è intitolato al Frate Cappuccino che più di ogni altro si interessò alla sua costruzione nel 1825. Si dice che Padre Scopetta, rispetto al progetto originario fece deviare il percorso del ponte per collegarlo con la piazza dei Cappuccini dove si trova l’omonima chiesa.

  Da qui è uno scherzo proseguire svoltando a sinistra sul ponte Giovanni XXIII, il più moderno dei tre che fu inaugurato nel 1964. All’angolo con Corso Vittorio Veneto, sfrutta questa felice esposizione il Palazzo Zacco. Proprio sullo spigolo di questa dimora nobiliare che fu acquistata dalla famiglia Zacco nell’ 800 rilevandola al Barone Melfi di Sant’Antonio, dei putti sostengono lo stemma gentilizio. Le mensole barocche che riproducono due facce, una dolce l’altra grottesca sorreggono il balcone. I mascheroni richiamano figure di musici, sirene e fra di essi quello con l’espressione ghignante sembra prendersi gioco degli osservatori.

  Continuando a percorrere il ponte sino all’incrocio con il Corso Italia, arteria vitale ricca di negozi, al numero 35 si può sostare un po’ perosservare il Palazzo Bertini e i suoi tre inconfondibili mascheroni che decorano gli archi dei balconcini. Una delle interpretazioni di queste significative espressioni dell’arte barocca, ritiene che le guance paffute del mascherone destro siano la simbologia della ricchezza, mentre l’aria smagrita e insieme burlona del mascherone sinistro siano il simbolo della povertà e al centro primeggia il nobile con il suo sguardo glaciale ed aristocratico.

  Scendendo dal Corso, concludiamo il nostro itinerario all’inizio di via XXIV Maggio. Qui venne eretta nel 1838, un’edicola votiva ("fiuredda"), in segno di ringraziamento alla Madonna del Rosario per la fine della epidemia di colera che mieté tante vittime tra la popolazione.