MONTEROSSO ALMO

Sulla sommità di una collina, in un paesaggio suggestivo in cui abbondano le cave e le valli, si erge il Comune più alto della provincia. A 691 metri dal livello del mare Monterosso Almo è anche il secondo centro più piccolo del territorio ibleo. Come gli altri due paesi montani del comprensorio Chiaramonte Gulfi e Giarratana, Monterosso è una comunità in cui le tradizioni gastronomiche e gli usi e i costumi locali sono ancora fortemente legati al passato. I prodotti genuini della terra, il gusto delle cose fatte in casa, sono una consuetudine radicata. Monterosso e le abitudini della sua popolazione sono infatti oggetto della grande ricerca internazionale Epic, che sta studiando questo piccolo paese del cuore del Mediterraneo, la longevità e la scarsissima incidenza tumorale dei suoi abitanti. Nel territorio di Monterosso si estendono boschi, il parco di Calaforno, che condivide con Giarratana e quello di Canalazzi dove si trova una suggestiva masseria fortificata, unica nel suo genere, con feritoie e alte mura. In esso vi scorre anche il fiume Amerillo, le cui acque nel passato alimentavano una serie notevole di mulini ad acqua, costruiti nella valle oggi detta "Dei Mulini". I mulini utilizzavano le correnti fluviali per macinare il grano, mentre la ricchezza idrica ha creato nel tempo un piccolo eden verde, fatto di grandi platani e betulle e un sottobosco in cui ancora oggi sopravvivono specie animali scomparse altrove. La pace e il silenzio di questi luoghi bucolici, sono prediletti dai registi cinematografici che spesso hanno prescelto Monterosso come scenario da film. Nelle valli verdi, come nella piccola cittadina non ricchissima di opere d'arte, ma già lei in se stessa un piccolo gioiello artistico e naturale, sono rimasti intatti dei luoghi fuori dal tempo, vergini come le tradizioni che ancora si tramandano. Vive, soffre e gode di uno splendido isolamento anche per una ricca serie di monti che lo circondano. Da esso si scorge anche il più alto della catena degli iblei, il Monte Lauro, che un tempo era un vulcano.



La Storia

La storia di Monterosso è stata influenzata dalla montuosità del territorio, che condizionò l'economia sin dalla preistoria dell'abitato. Nell'area di Calaforno, nel cosidetto "Ipogeo Preistorico", gli abitanti traevano il loro sostentamento dallo sfruttamento delle miniere e dalla estrazione della selce, non potendosi dedicare alla agricoltura in un terreno così poco fertile. Sono emerse attraverso gli scavi archeologici, ben 35 piccole camere, che dovevano essere adibite a sepolcreti, e che probabilmente nell'epoca tardo romana o nel Primo Medioevo si trasformarono in abitazioni.

Monterosso forse nacque dall'unione di più villaggi, e di uomini che decisero di costituire un solo nucleo maggiormente fortificabile e più facilmente dagli attacchi invasori. Le prime notizie storiche che fanno riferimento all'esistenza di un simile villaggio, risalgono all'impero di Bisanzio, mentre sono assenti note storiche sul periodo greco o romano. Nella località "Grotte dei Santi", che appartiene geograficamente al territorio di Vizzini, ma che è storicamente area da sempre annessa a Monterosso, gli archeologi hanno scoperto delle grotte con degli affreschi in stile paleocristiano. Gli affreschi un tempo dovevano essere una lunga fascia molto estesa. Oggi è ancora visibile un unico riquadro dedicato al tema della "Crocifissione". Le grotte, prima utilizzate per catacombe, poi per abitazioni, furono abbandonate nella prima metà del 1400 e da allora sono state incise con dei murales che hanno infierito maggiormente sulla condizione degli affreschi.

Quando nel 1168 ,il figlio del Conte Ruggero di Ragusa, Goffredo donò il paese alla chiesa di Siracusa, in una bolla del Papa Alessandro III, Monterosso era chiamato "Monte Ioalmo". Tale denominazione fu assegnata probabilmente in epoca normanna. In seguito, in contrada Casale, venne costruito un castello di cui non rimase alcuna traccia. Sotto il potere della famiglia dei Chiaramonte, Monterosso fu annesso alla Contea di Modica e acquisì probabilmente in questo periodo il suo nome attuale. Dopo la presa di potere della famiglia Cabrera, Monterosso divenne più volte merce di compravendita e fu separato dal resto della Contea. Prima del terremoto, esso fu ricomprato dagli eredi dei Cabrera che vi costruirono due castelli. Il terremoto del '93 distrusse la città, che infierì in particolare sulle chiese, sottraendo alla sua furia una cappella della chiesa della Madonna delle Grazie e alcuni tempietti delle contrade Mulino Vecchio e Santa Venera.

Al contrario di Scicli, Monterosso venne ricostruito sulla sommità della collina rispetto al nucleo precedente sottostante al monte.


La città

Le vie, soprattutto quelle del quartiere della "Cava" conservano il loro aspetto originario, come la presenza di alcuni archi relativi al periodo medievale. L'opera d'arte più insigne è la chiesa Madre, monumento nazionale in quanto racchiude alcuni tesori anteriori al 1200. Vi è anche una grande Pala di San Lorenzo, le tele sul "Battesimo di Costantino" e la "Madonna del Carmelo" dallo stile caravaggesco, due acquasantiere nella pietra locale del 1400 e due statue di S. Antonio e S.Mauro.