Adagiata su una
collina ai piedi dei monti ricoperti da conifere ed eucalipti, è l'emblema
del paesaggio della provincia iblea che, pur essendo la più piccola della
Sicilia, è anche la più varia. La cittadina in uno spazio limitato di
territorio offre anch'essa questa varietà. Accanto ai percorsi naturalistici
attraverso i monti e in particolare sulla cima dell'Arcibessi, antico
luogo di riti cristianizzati ancora in voga nell' '800, si scorge l'altipiano
ibleo e da lontano la piana ipparina e la distesa degli ulivi secolari,
gli olivi "saraceni" simbolo di questa terra. Scendendo
dai tornanti della strada statale, prima di giungere in città, si incontra
la prima testimonianza architettonica, la chiesetta del XVI secolo della
Madonna delle Grazie che è immersa nella pineta e che
custodisce nel suo interno ad una sola navata, una statua marmorea della
Vergine dello scultore Luca Maldotto, all'interno di una cappella in calcare
e pietra nera. Dopo l'interruzione della chiesa, la pineta riprende per chiudersi sino al margine della
collina. Gli insediamenti archeologici Disseminate ovunque, nelle contrade Aranci, Piano Conte, Piano Grillo, Casazze, Arcieri, Torre Mazzaronello, Marani, Pipitana. sono venute alla luce stazioni preistoriche risalenti all'età del Bronzo e all'età del Ferro. Sono state ritrovate necropoli, abitati preistorici e abitati greci arcaici. A Sperlinga, Cifali e nell'Arcibessi invece furono rinvenuti resti bizantini e medievali, mentre a Fegotto e in altre località sopravvivono testimonianze di epoca ellenistico-romana. Ma il sito archeologico più importante è quello di Scornavacche i cui reperti sono conservati nel museo archeologico di Ragusa. Anche questo nucleo riporta un passato di distruzioni. L'abitato nacque tutto intorno al fiume Dirillo e venne distrutto dai Punici nel 406. Venne poi ricostruito sulla piana più orientale grazie a Timoleonte, ma dopo due secoli di esso fu fatto tabula rasa senza mai più risorgere. La caratteristica più singolare di questo centro, era il numero ingente di forni costruiti e utilizzati per la cottura d'argilla, che doveva costituire l'attività economica fondamentale per i suoi abitanti. La storia: Acrillae La storia di questa
città è fatta di un perserverare nella ricostruzione, dopo le invasioni
distruttive di nuovi dominatori. Nel territorio circostante a Chiaramonte
sono state scoperte numerose testimonianze archeologiche le quali danno
credito alla esistenza della antica Acrillae, colonia greca fiorente che
basava la sua ricchezza sugli scambi mercantili, di cui si ha riscontro
anche nelle opere di Livio e Plutarco. Acrillae
aveva una importante collocazione strategica lungo la linea di penetrazione
che da Siracusa giunge sino ad Agrigento. Acrillae, di cui uno dei più
insigni studiosi è il chiaramontano Antonino Di Vita, Accademico dei Lincei
e Rettore della scuola archeologica italiana di Atene, nacque settanta
anni dopo Siracusa (e come Kamarina venne fondata dai greco siracusani)
e venne distrutta dagli arabi, che giunsero nell'isola dopo il
crollo dell'impero Romano e la devastazione economica compiuta dai Bizantini.
Fu il califfo Ibn Al Furat nell''827
a Asad guidare gli arabi dalla Sicilia occidentale per volgere
alla conquista anche la parte orientale. E furono loro a dare il nome
"Gulfi" alla cittadina, per indicare con l'etimo
della loro lingua una "terra amena" il roseto e una
località ricca di vegetazione. La città odierna. L'attuale tessuto urbano nacque nel 1300, dopo la distruzione efferata
della città compiuta dagli Angioini nel 1299, un avvenimento citato dallo
storico Solarino che scrisse: "La sola ricordanza suscita grida
di raccapriccio e angoscia". Un drappello di soldati, nonostante
Gulfi avesse chiesto la resa e la salvezza delle donne e dei bambini,
trucidarono gli abitanti, lasciando una traccia indelebile nella memoria
collettiva. Fu la famiglia dei Chiaramonte ad attribuire
il nome del proprio casato alla città. Il Conte Manfredi I ( che ricevette
dal Re Federico nel 1296 la Contea di Modica) appartenente al casato normanno
proveniente dalla cittadina di Clermont de L'Oise in Piccardia
(con cui Chiaramonte è gemellata), dopo la cacciata dei francesi volle
ricostruire la città sull'altura, fortificandola con un castello. La fortezza
riportava tre porte di accesso, di cui una, la Porta Nord Ovest dell'Annunziata è ancora straordinariamente intatta.
Le famiglie dei nobili ricostruirono le loro residenze intorno al castello,
mentre il popolo si trasferì più in basso, nell'odierno quartiere San
Vito, riattando delle grotte naturali dalle pareti in pietra. |